domenica 25 gennaio 2009

La Gloria della Sconfitta


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La Spagna celebra il suo eroe a 400 anni dalla sua nascita. (2005)

Miguel de Cervantes Saavedra è, in realtà, il fondatore del romanzo moderno e il suo personaggio principale sta al centro di tutto quell’individualismo romantico che pervade, in nome dell’eroe malinconico, deriso e vilipeso, la cultura occidentale.

È nella sua intima capacità di saper ironizzare ed autocompatirsi che deriva il desiderio di vivere, di non arrendersi, di cercare e di trovare un appiglio di non temporanea memoria laudatoria, bensì d’immortalità come i peggiori poeti avevano cantato per i loro eroi grandi guerrieri e teneri amanti.

Cervantes e don Chisciotte appartengono da sempre alla schiera di coloro che si offrono all’incertezza del vivere con la pazienza e l’orgoglio dei miti, cioè degli uomini che sanno di perdere e continuamente, invece, combattono certi di operare per la loro intima dignità. Così scopertamente moderno. Che passati ormai 4 secoli, eccolo lì ancora più vispo che mai assieme al suo disperato ed ironico inventore.

Cervantes era nato ad Alcalà di Henares nel 1547, quattro anni dopo il Concilio di Trento. Non seguì studi regolari. Venne in Italia al seguito del cardinale Giulio Acquaviva e si impossessò della nostra cultura letteraria in maniera totale, vivendo a Napoli, a Roma, in Sicilia e Sardegna. Nel settembre del 1575, mentre ritornava in Spagna con il fratello Rodrigo, cadde prigioniero dei pirati ( si diceva della modernità..) musulmani di Algeri che chiesero un riscatto alla famiglia talmente alto che nessuno lo pagò tanto che il povero hidalgo finì in prigione ad Algeri per 5 lunghissimi anni tentando comunque più volte di fuggire. Da qui, una serie quasi incredibile di vicende dolorose, di speranze e di delusioni, di miserie fisiche e morali, di debiti e astuzie d’ogni genere per cavarsi d’impaccio.

Nasceva così, quasi spontaneamente dentro il futuro romanziere la figura del proprio eroe. Il Don Chisciotte è la storia, dunque, di una immensa prova di vivere che si pone ben aldilà del colori cavallereschi e pittoreschi di un genere letterario.

Così Don Chisciotte su Ronzinante con Sancio Panza hanno solcato l’onda dei secoli senza subire mai l’offesa della dimenticanza : un’avventura quindi di proporzioni chisciottesche.

Leggere oggi il don Chisciotte dà ancora un profondo piacere fin dall’inizio, da quel “.. in un villaggio della Mancia, del cui nome non voglio ricordarmi, non molto tempo fa viveva un gentiluomo di quelli con la lancia nella rastrelliera, scudo antico, ronzino magro e cane al seguito..”. il suddetto gentiluomo “.. si dedicava a leggere i romanzi di cavalleria con tanta assiduità e piacere, da finire col dimenticare quasi completamente la caccia e persino l’amministrazione del suo patrimonio..”. Ma la caccia non dava grandi frutti e il patrimonio quasi non esisteva, ammesso che prima fosse mai esistito ! E così inizia a farsi strada l’ironia…nel gioco degli specchi e dei raffronti del “ chi vuol capire, capisca” come diceva Cervantes.

Il suo gusto, il piacere di narrare, il compiacimento della nobiltà aristocratica e i ricordi individuali “ in questo romanzo cozzano a allo stesso tempo si fondono in due grandi forze della vita : la prosa personificata da Sancio e la poesia nobilmente rappresentata da Don Chisciotte” così come osservava Federico Schlegel.

Il lettore si accorgerà anche che il maggior pregio dell’opera è proprio quello di un’eterna finzione che diventa, come per le magie uniche delle opere d’arte, realtà essa stessa, cioè romanzo e, per dirla tutta, una storia vera con Dulcinea, Sancio, Ronzinante, i mulini a vento e tutte le diavolerie che la professione del cavaliere prevede, giustifica ed esalta.

Don Chisciotte, uomo del seicento, con i suoi limiti e pesantezze, è anche un dialogo meraviglioso che si muove su cento vie e su cento argomenti lasciando che il lettore entri a farne parte, quasi a condividerne premi e sconfitte.

Fa sorridere il cavaliere errante e fa pensare da più di 400 anni e per chissà quanti secoli ancora, mentre su altri, suoi contemporanei è calata la polvere del tempo. Là è rimasta la storia, in questo romanzo palpita ancora la vita.

martedì 13 gennaio 2009

- NUMERO UNO -

Si comincia sempre con una serie di domande, sempre le stesse : (vi riconoscete?)
Qual'è l'obiettivo ? Qual'è la meta ? Forma sperimentale o forma definitiva?
I meccanismi dell'editoria come del mondo artistico o quelli della ricerca sembrano insondabili, e, a ben vedere piuttosto oscuri.
Quindi perchè non provare con un concetto semplice : SPAZIO.
Questo è lo spazio in cui troveranno ospitalità ogni sorta di produzione artistica e di ricerca.
Cosa succede se si mette un racconto a fianco di una serie di fotografie o se una poesia è prima di una critica ad uno spettacolo ? Lo scopriremo...
Il mio obiettivo sarà di Provare a dialogare in maniera diretta con Voi di tutto ciò che l'umano muove, che sovrappone e stratifica e poi fluidifica in quella sostanza che diventa esperienza multisensoriale.
Concerti, Seminari, Fotografia, Articoli... Insomma parliamone.