lunedì 21 agosto 2017

24 Agosto 1942 - Isbuscenskij



Campagna di Russia, 24 agosto 1942

Isbuscenskij : l’ultima carica a cavallo.

 Il mondo sta accelerando. E la guerra, che del mondo è sempre stata un termometro precisissimo, cambia ancora più velocemente. Eppure, nell’era dei satelliti, dei missili e dei droni, c’è chi può dire di aver visto con i propri occhi la guerra dell’800, quella studiata da Carl von Clausewitz per il suo celebre trattato. 
l'unica foto originale della famosa carica.
Carlo Comello, ex agricoltore di Castelnovetto, piccolo centro della Lomellina quasi ai confini con il Piemonte, è stato testimone dell’ultima carica di cavalleria dell’esercito italiano, durante la campagna di Russia. Aveva allora 22 anni ed era inquadrato nel  3° Reggimento artiglieria Celere, 1° gruppo artiglieria a cavallo. Non solo: scattò l’unica fotografia originale esistente di quell’assalto. Era l’alba del 24 agosto 1942, nei pressi del villaggio di Izbuscenskij, poco lontano dal Don: quattro squadroni del reggimento Savoia Cavalleria, 700 uomini in tutto e i loro destrieri, si lanciarono nel combattimento e dispersero 2500 fanti siberiani armati di mitragliatrici e mortai.

Verso quota 213,5
Comello, quel giorno, come ricorda, "era guidare un autocarro per gli spostamenti di una pattuglia di osservazione e collegamento. Quel giorno rimasi in disparte, in un boschetto di betulle, dove avevo nascosto il mio Fiat Spa 38R, con a bordo una cassa di bombe a mano e cinque taniche di benzina. Per vedere cosa stava succedendo salii sul tetto della cabina. Con un piccolo cannocchiale, che avevo recuperato da un cannoncino anticarro russo fuori uso, vedevo passare a intervalli gli squadroni lanciati al galoppo contro le postazioni dei russi. Scavalcarono le loro trincee e arrivarono fino al Don, per fare poi dietrofront e colpirli alle spalle, mentre i Lancieri di Novara li attaccavano ai fianchi. Dopo circa sei ore di violenta carneficina il Savoia Cavalleria concludeva la sua ultima carica».

Colonnello Alessandro Bettoni Cazzago
I morti russi furono circa 300, oltre 200 i feriti e 500 i prigionieri. Tra gli italiani, riportano le fonti ufficiali, oltre alla perdita di 150 cavalli ci furono 33 caduti, compresi 3 ufficiali, e 53 feriti. 
Vennero concesse due medaglie d’oro alla memoria al maggiore Alberto Litta Modignani e al capitano Silvano Abba, due ordini militari di Savoia, 54 medaglie d’argento, 50 medaglie di bronzo, 49 croci di guerra e diverse promozioni sul campo per merito di guerra, oltre alla medaglia d’oro allo stendardo. 
Gli ufficiali tedeschi si congratularono con il colonnello Alessandro Bettoni, comandante del Savoia Cavalleria, dicendo: «Noi queste cose non le sappiamo più fare». 
Un riconoscimento del valore dei soldati, ma anche dell’arretratezza delle tecniche militari italiane, quando ormai si era alla vigilia della guerra atomica.
I giudizi dei militari nascono quasi sempre da considerazioni tecniche. II politico e lo storico giudicano ovviamente da un altro punto di vista. Così ha fatto recentemente Giorgio Bocca (v. bibliografia), che ha impugnato la definizione di Messe sostituendola con quella di «inutile carneficina». In realtà, la carica fu inutile solo se considerata nell'ambito di una guerra inutile. In questo senso, anzi, fu drammatica. Di per se stessa, però, servi a salvare un buon numero di sbandati della «Sforzesca» e degli uomini in armi presso Tschebotarewskij. Inoltre, considerando la proporzione delle forze, non fu neppure una carneficina: 39 morti in uno scontro tra seicento uomini contro duemila avversari. Il basso numero delle perdite è sempre stato un dato caratteristico delle cariche ben eseguite
Ma questo non toglie il valore epico dell'azione descritta in modo esemplare da Lucio Lami nel suo libro. Libro che invito chiunque a leggere per quattro motivi fondamentali : parla di Italiani, di cameratismo, di storia italiana e di solidarietà tra popoli nemici.

Superfluo dire che l'assalto ebbe in tutto il mondo una eco importante e imponente. e certamente la propaganda del tempo non si fece sfuggire l'occasione per sferzare gli italiani ad esserlo ancora di più.


 Per dovere di cronaca, anche se descritto nel libro di Lami, il neo nato Studio Luce inviò una rappresentanza di attori per riprodurre la famosa carica.
Ne venne fuori un filmato che niente ha a che vedere con la realtà dei fatti.

Invece da vedere anche su You Tube è il racconto documentario di un reduce di Milano che può dire " io c'ero".

Purtroppo vero è anche che da questo apice ci fu poi, solo la tremenda ritirata con migliaia di morti.


Al Reggimento, ricostituito nel dopoguerra, venne dato temporaneamente (nel 1950) il nome di «Gorizia Cavalleria», con un provvedimento tragicomico e antistorico. Il reparto fu poi trasferito (1957), dopo 46 anni di vita milanese, a Merano, non tanto per motivi logistici quanto per evitare - si disse allora da più parti - che al Circolo Ufficiali potessero ancora radunarsi, come accadeva nell'anteguerra, i più accesi monarchici di Milano.
Oggi il Savoia Cavalleria è stato inserito nell'organico della Folgore.
In questo modo, sostituendo cavalli come Albino con mezzi motorizzati, hanno mantenuto ciò che il motto sullo stemma evoca.
da così...
a nuovo inquadramento.
concessione del basco amaranto al Savoia Cavalleria
Il cavallo da guerra e reduce : Albino

Il sergente Cioffi, reduce della gloriosa carica
 Sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, quella di Isbuscenskij fu considerata l'ultima carica di cavalleria della storia. Essa in effetti fu l'ultima azione risolutrice condotta, a cavallo, e con grande successo contro truppe regolari. Per rispetto alla cronologia va tuttavia ricordato il combattimento di Poloj (Croazia) avvenuto il 17 ottobre 1942. In quell'occasione, il reggimento «Cavalleggeri di Alessandria», che stava rientrando con una sezione del 1/23° reggimento artiglieria dai mulini di D. Karasi (sul fiume Korana), fu attaccato da formazioni partigiane ed accerchiato. Per aprirsi un varco, il reggimento caricò ripetutamente, a interi reparti. In una di queste cariche, effettuata dallo squadrone, dallo squadrone mitraglieri e dallo squadrone comando fu in testa lo stesso comandante, colonnello Aimone Cat, con al fianco l'alfiere e lo stendardo. Le perdite furono gravissime. Tra i decorati va ricordato il capitano Antonio Vinaccia M.O.V.M. (Cfr. Relazione ufficiale inviata al comando della divisione Celere «Eugenio di Savoia»).