lunedì 21 agosto 2017

24 Agosto 1942 - Isbuscenskij



Campagna di Russia, 24 agosto 1942

Isbuscenskij : l’ultima carica a cavallo.

 Il mondo sta accelerando. E la guerra, che del mondo è sempre stata un termometro precisissimo, cambia ancora più velocemente. Eppure, nell’era dei satelliti, dei missili e dei droni, c’è chi può dire di aver visto con i propri occhi la guerra dell’800, quella studiata da Carl von Clausewitz per il suo celebre trattato. 
l'unica foto originale della famosa carica.
Carlo Comello, ex agricoltore di Castelnovetto, piccolo centro della Lomellina quasi ai confini con il Piemonte, è stato testimone dell’ultima carica di cavalleria dell’esercito italiano, durante la campagna di Russia. Aveva allora 22 anni ed era inquadrato nel  3° Reggimento artiglieria Celere, 1° gruppo artiglieria a cavallo. Non solo: scattò l’unica fotografia originale esistente di quell’assalto. Era l’alba del 24 agosto 1942, nei pressi del villaggio di Izbuscenskij, poco lontano dal Don: quattro squadroni del reggimento Savoia Cavalleria, 700 uomini in tutto e i loro destrieri, si lanciarono nel combattimento e dispersero 2500 fanti siberiani armati di mitragliatrici e mortai.

Verso quota 213,5
Comello, quel giorno, come ricorda, "era guidare un autocarro per gli spostamenti di una pattuglia di osservazione e collegamento. Quel giorno rimasi in disparte, in un boschetto di betulle, dove avevo nascosto il mio Fiat Spa 38R, con a bordo una cassa di bombe a mano e cinque taniche di benzina. Per vedere cosa stava succedendo salii sul tetto della cabina. Con un piccolo cannocchiale, che avevo recuperato da un cannoncino anticarro russo fuori uso, vedevo passare a intervalli gli squadroni lanciati al galoppo contro le postazioni dei russi. Scavalcarono le loro trincee e arrivarono fino al Don, per fare poi dietrofront e colpirli alle spalle, mentre i Lancieri di Novara li attaccavano ai fianchi. Dopo circa sei ore di violenta carneficina il Savoia Cavalleria concludeva la sua ultima carica».

Colonnello Alessandro Bettoni Cazzago
I morti russi furono circa 300, oltre 200 i feriti e 500 i prigionieri. Tra gli italiani, riportano le fonti ufficiali, oltre alla perdita di 150 cavalli ci furono 33 caduti, compresi 3 ufficiali, e 53 feriti. 
Vennero concesse due medaglie d’oro alla memoria al maggiore Alberto Litta Modignani e al capitano Silvano Abba, due ordini militari di Savoia, 54 medaglie d’argento, 50 medaglie di bronzo, 49 croci di guerra e diverse promozioni sul campo per merito di guerra, oltre alla medaglia d’oro allo stendardo. 
Gli ufficiali tedeschi si congratularono con il colonnello Alessandro Bettoni, comandante del Savoia Cavalleria, dicendo: «Noi queste cose non le sappiamo più fare». 
Un riconoscimento del valore dei soldati, ma anche dell’arretratezza delle tecniche militari italiane, quando ormai si era alla vigilia della guerra atomica.
I giudizi dei militari nascono quasi sempre da considerazioni tecniche. II politico e lo storico giudicano ovviamente da un altro punto di vista. Così ha fatto recentemente Giorgio Bocca (v. bibliografia), che ha impugnato la definizione di Messe sostituendola con quella di «inutile carneficina». In realtà, la carica fu inutile solo se considerata nell'ambito di una guerra inutile. In questo senso, anzi, fu drammatica. Di per se stessa, però, servi a salvare un buon numero di sbandati della «Sforzesca» e degli uomini in armi presso Tschebotarewskij. Inoltre, considerando la proporzione delle forze, non fu neppure una carneficina: 39 morti in uno scontro tra seicento uomini contro duemila avversari. Il basso numero delle perdite è sempre stato un dato caratteristico delle cariche ben eseguite
Ma questo non toglie il valore epico dell'azione descritta in modo esemplare da Lucio Lami nel suo libro. Libro che invito chiunque a leggere per quattro motivi fondamentali : parla di Italiani, di cameratismo, di storia italiana e di solidarietà tra popoli nemici.

Superfluo dire che l'assalto ebbe in tutto il mondo una eco importante e imponente. e certamente la propaganda del tempo non si fece sfuggire l'occasione per sferzare gli italiani ad esserlo ancora di più.


 Per dovere di cronaca, anche se descritto nel libro di Lami, il neo nato Studio Luce inviò una rappresentanza di attori per riprodurre la famosa carica.
Ne venne fuori un filmato che niente ha a che vedere con la realtà dei fatti.

Invece da vedere anche su You Tube è il racconto documentario di un reduce di Milano che può dire " io c'ero".

Purtroppo vero è anche che da questo apice ci fu poi, solo la tremenda ritirata con migliaia di morti.


Al Reggimento, ricostituito nel dopoguerra, venne dato temporaneamente (nel 1950) il nome di «Gorizia Cavalleria», con un provvedimento tragicomico e antistorico. Il reparto fu poi trasferito (1957), dopo 46 anni di vita milanese, a Merano, non tanto per motivi logistici quanto per evitare - si disse allora da più parti - che al Circolo Ufficiali potessero ancora radunarsi, come accadeva nell'anteguerra, i più accesi monarchici di Milano.
Oggi il Savoia Cavalleria è stato inserito nell'organico della Folgore.
In questo modo, sostituendo cavalli come Albino con mezzi motorizzati, hanno mantenuto ciò che il motto sullo stemma evoca.
da così...
a nuovo inquadramento.
concessione del basco amaranto al Savoia Cavalleria
Il cavallo da guerra e reduce : Albino

Il sergente Cioffi, reduce della gloriosa carica
 Sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, quella di Isbuscenskij fu considerata l'ultima carica di cavalleria della storia. Essa in effetti fu l'ultima azione risolutrice condotta, a cavallo, e con grande successo contro truppe regolari. Per rispetto alla cronologia va tuttavia ricordato il combattimento di Poloj (Croazia) avvenuto il 17 ottobre 1942. In quell'occasione, il reggimento «Cavalleggeri di Alessandria», che stava rientrando con una sezione del 1/23° reggimento artiglieria dai mulini di D. Karasi (sul fiume Korana), fu attaccato da formazioni partigiane ed accerchiato. Per aprirsi un varco, il reggimento caricò ripetutamente, a interi reparti. In una di queste cariche, effettuata dallo squadrone, dallo squadrone mitraglieri e dallo squadrone comando fu in testa lo stesso comandante, colonnello Aimone Cat, con al fianco l'alfiere e lo stendardo. Le perdite furono gravissime. Tra i decorati va ricordato il capitano Antonio Vinaccia M.O.V.M. (Cfr. Relazione ufficiale inviata al comando della divisione Celere «Eugenio di Savoia»).









mercoledì 24 maggio 2017

PILOTI FORMIDABILI 2 - UN TRAGICO MAGGIO 1944

25 MAGGIO 1944 - TENENTE SERGIO ORSOLAN


 "THURSDAY, 25 MAY 1944
 STRATEGIC OPERATIONS (Fifteenth Air Force):
340+ bombers attack targets in France and Italy; B-17s attack the
marshalling yard at Lyon, France; B-24s attack marshalling yards at Amberieux,
Toulon and Givors, France, and in Italy, the port area at Monfalcone, airfield
" Diavoli Rossi"
at Piancenza and industrial area at Porto Marghera; P-38s and P-51s fly 200+
sorties in support.
Tratto da "The 14th fighter group in World War II" di John W. Lambert :
testimonianza del Tenente Larry O'Toole, combattimento su Piacenza del 25/5/1944, scorta ai B-24 del 464th Bomb Group:
 

"...Circa nel momento in cui i bombardieri raggiunsero il bersaglio, incontrammo circa venticinque fra me109 e fw190. Sganciammo i serbatoi supplementari e picchiammo per attaccare. Improvvisamente guardai in alto a destra e vidi un paio di FW-190 venire giù verso di noi da ore 3 in alto. Sembrava fossero SEMPRE sopra di noi. Avvisai due volte dei due nemici e questo fu tutto quello che potei fare, prima che in pochi secondi si misero dietro di noi sparando.
C'era poco da fare: virai stretto verso di loro e aprii il fuoco con mitragliatrici e cannone. Uno dei nemici virò in fuori e giù, mentre gli altri continuarono nella mia direzione, e io nella loro. Vidi dei colpi a segno sul 190 mentre ci avvicinavamo quasi in rotta di collisione. Solo 40 piedi ci distanziavano quando ci incrociammo, in virata a 90 gradi cockpit contro cockpit. Ero stato tutto il tempo in cabrata, e appena passato, il mio aereo stallò completamente e caddi in spirale. Rimessomi dalla vite non vidi nesun altro aereo nemico, così mi misi alla ricerca del mio squadron. Improvvisamente vidi un 109 venire verso di me, poche centinaia di piedi più in alto. Cabrai sulla destra per tagliargli la strada e ottenni la mia prima vittoria. 
Tenente Sergio Orsolan
Non credo che il pilota nemico si sia accorto di me. Ricominciai a cercare il mio squadron, ma i miei problemi erano appena iniziati. Mi devo essere distratto, perchè improvvisamente fu come se stessi a sedere nel mezzo di centinaia di fili dell'alta tensione di rame luccicante. Erano pallotole traccianti. Quello che feci non fu molto logico, ma forse mi salvò la vita. Invece di virare violentemente, lascia cadere lentamente la mia ala sinistra, sperando che il pilota nemico pensasse di avermi colpito. Il fuoco cessò, e quando fui inclinato di circa 45 gradi, tirai sù nella più violenta e stretta virata cabrata che potevo fare, dando piena potenza. Ero sicuro che il P-38 poteva mantenere la virata senza stallare, non così l'altro aereo. Funzionò. Non vidi più l'aereo nemico. Denso fumo bianco usciva dal mio motore sinistro. Quando cercai di vedere nel retrovisore, fissato sul tettuccio, vidi che era stato strappato via. Misi in bandiera il motore fuori uso e mi misi in rotta verso casa, sperando i non incontrare altri tedeschi con un motore solo... Tornato alla base il mio aereo attirò una certa folla. Ognuna delle sei pale delle eliche era crivellata di buchi. Potevo infilare le mie dita nei buchi che costellavano le ali ai lati del tettuccio. Qualcuno mi tirò un tubo da otto pollici che si era appena staccato dalla sezione di coda. Sembrava fosse stato colpito da una cannonata.... il fumo bianco veniva dal liquido di raffreddamento..."
il 14th FG reclamò un totale di 8 abbattimenti, l'unica perdita fu il tenente Richard Fowler, visto paracadutarsi nelle vicinanze del Po, catturato e divenuto POW.

Tratto da "Ali nella Tragedia" di Giulio Lazzati
"I piloti del 2° gruppo, il 25 maggio avevano avuto uno scambio di idee piuttosto vivace nel cielo emiliano con grosse formazioni di Liberator scortati da Lightning (ma da dove sbucavano sempre tutti quegli aerei!). Quel giorno le squadriglie avevano attaccato con foga; dietro i comandanti di Squadriglia, Bellagambi e Drago (due Cannoni) erano Longhini, Pignatti, Forgantti, Feliciani, Marzi, Lucardi, Santuccio, Spigaglia, Fornari, Orsolan, Sprecher, Palermi, Filippi, Rosas, Brini, Giorio ed altri.
 
 Botte da orbi, prima contro i quadrimotori e poi contro i Lightning. Il combattimento dura da quasi un'ora, il decollo era avvenuto alle 13, ma l'autonomia è quella che è, e le munizioni sono finite, per cui i G.55 devono rientrare a Bresso."

Tratto dal diario storico del 455th Bomb Group
"Missione nr. 48, 25 maggio 1944
Inviati 37 B-24 a bombardare l'aeroporto di Piacenza, italia. Flak leggera, ma la caccia era molto aggressiva e spinse con forza i suoi attacchi. Uno dei nostri aerei fu colpito così gravemente da essere costretto a compiere un atterraggio forzato su una base inglese, con due dell'equipaggio gravemente feriti. Tutti gli altri aerei sono tornati alla base."
 Anche il 454th Bomb Group risulta aver partecipato alla missione su Piacenza
  IL PILOTA
    La vita di aviatore di Sergio Orsolan inizia nel gennaio 1940 alla scuola di volo di Grosseto, prosegue nell'Accademia Aeronautica di Caserta da cui esce sottotenente in SPE nel febbraio 1943, continua con la scuola caccia di Gorizia e l'assegnazione al 3° Gruppo autonomo CT dislocato in Sicilia.
    Il 3 marzo abbatte in combattimento un P. 38 "Lightning", lotta strenuamente alla difesa dell'isola invasa dal nemico e si ritrova nel settembre a Caselle torinese in attesa di ricostituire il suo reparto decimato e privo di aeroplani.
    Rientra a casa dopo molte peripezie, si presenta nell'ANR e viene assegnato al 2° Gruppo CT nella squadriglia del capitano Drago, dove ritrova i vecchi compagni della Sicilia e rinnovato entusiasmo per tornare a combattere. ( DAL 2° Gruppo CT, 5a Squadriglia "Diavoli Rossi"),
    Nella primavera del 1944 il reparto può considerarsi pronto a riprendere la lotta e il 25 maggio decolla su allarme da Cascina Vaga di Pavia con altri 9 G.55 per intercettare bombardieri scortati da caccia diretti dal mar Tirreno in Lombardia: sono B. 24 "Liberator" scortati dai soliti P. 38 già conosciuti in Sicilia.
    Il combattimento si accende ad oltre 5000 metri d'altezza, si fraziona in duelli e attacchi ai quadrimotori con l'abbattimento di un "Lightning" ad opera proprio di Orsolan, di un "Liberator" per attacchi di Feliciani e mitragliamenti agli altri aerei da parte di Drago, Fagiano, Mingozzi, Camerani, Luziani, Marin.
Pietra Parcellare - Bobbiano
    Nella mischia il "Centauro" di Orsolan rimaneva colpito e precipitava nei pressi di Travo/Bobbiano in provincia di Piacenza distruggendosi in frammenti così minuti da rendere particolarmente difficile la pietosa opera di recupero fatta da un fabbro del posto - Luigi Bozzarelli. Egli raccolse in una cassettina di legno pochi resti e la seppellì poco distante dal punto in cui era caduto l'aereo. Soltanto due anni più tardi, a guerra finita, fu possibile rintracciare con fatica la cassetta e consegnarla ai familiari per una cristiana sepoltura.  
Parte dei mille pezzi del G-55 recuperati il 14/08/2001
   
 La zona dello schianto dell'aereo è una zona tutt'ora impervia e collinare. La pietra Parcellare che sovrasta la zona è il promontorio tipico piacentino di pietra di ofiolite compatta e a scaglie, ornata da olmi e da quercia ( ora molti sono pini) che dalle pendici del promontorio degradano fino ad una strada di ghiaia bianca che divide la parte boschiva da quella lavorata.
Siamo al 25 maggio 1944. giornata luminosa e soleggiata. i campi sono a grano e vigne.
Il combattimento che sovrasta tutto questo sembra lontano. "Ad un tratto il rumore è più forte... " Lanzetti, un contadino ( così come mi racconta il testimone oculare) era con me sui quei campi prima di arrivare alla sua casa che è là, appena girata quella curva " lì c'erano i partigiani ma erano già andati via." all'osteria c'erano i mongoli ( Legione Turkestana delle SS ) e i bersaglieri ( Monterosa), che si preparavano per un rastrellamento. Si vedevano però correre perchè ad un tratto sono sbucati due aerei che sembrava si rincorressero. Uno aveva le stelle e uno no, ma era da un pò che si vedevano le striscie bianche in cielo. E sa cosa voleva dire? bombardamenti da qualche parte. I due aerei hanno girato largo verso la pietra Parcellare. Si vedeva che il primo cercava un punto per atterrare perchè scendeva sempre, quasi a toccare le piante. Alla fine ha girato ed è sparito ma poi ha puntato dritto su di noi perchè è sbucato dalla parte nascosta del campo tanto che ci siamo buttati a terra e ho sentito il calore e il vento dell'aereo. Un rumore infernale. Per fortuna non ci ha preso ma si è schiantato a metà costa, proprio in un canalone. Siamo scappati subito perchè i tedeschi hanno visto tutto e sono arrivati in gran fretta, anche se la zona era dei partigiani".
Proiettili 12,7 andati a segno...

Sergio, giovane eroe del cielo, moriva a 26 anni per una Italia che intendeva difendere. Uno Stato poi che10 anni più tardi, dimostrando indifferenza e ingratitudine vergognosa, concedeva ai familiari dello sfortunato pilota, una pensione di L. 10.000. 
Tanto valeva la vita di un aviatore.

   
"Chiedi infinito cielo d'ogni bellezza adorno, so che a chi doni l'ali, la vita chiedi in dono" 
scriveva quasi come un presagio Sergio Orsolan in una delle sue ultime poesie.

martedì 23 maggio 2017

PILOTI FORMIDABILI - UN TRAGICO MAGGIO DEL 1944

24 MAGGIO 1944 - SAN PROSPERO (PR)
Ricorre spesso la parola "tragico", come può essere la morte a 20 anni, è vero. Tragico perchè si oltrepassa un confine, la fine di un percorso che è la nostra vita a cui abbiamo cercato di darle un senso e cercato in essa sogni e speranze. Quel tempo così apparentemente lontano da noi, quotidianamente funestato da singoli o collettivi tragici episodi di follia, merita la nostra umana comprensione a cui dobbiamo associare la nostra insormontabile volontà di non dimenticare.

..il primo a destra è Angiolino Vezzani
S.Ten. Vittorio Satta
Non è quindi mia volontà ne cancellare il ricordo storico della R.S.I., opponendomi a gran voce ai giudizi di parte di schieramenti politici che vorrebbero vedere omessa una porzione di storia d’Italia, e ne tantomeno vorrei si giudicasse e processasse i valori che hanno mosso questi coraggiosi a continuare a combattere. Giudizi affrettati e qualunquisti, sono risultati spesso fallaci. Non deve risultarci quindi inaccettabile l’estremo sacrificio del pilota per una causa che a noi posteri, può sembrare sbagliata. Ho solo pensato che avere taciuto la storia di un uomo, che è uomo prima che pilota avrebbe significato ucciderlo nuovamente. Ho limitato la mia azione di indagine e ricordo su un episodio bellico e di dare finalmente sepoltura ad un caduto “ dimenticato “ della follia umana. Allora partiamo dalla conclusione della storia : il recupero nel settembre del 2000.

Tratto dal DIARIO STORICO OPERATIVO DEL 1° GRUPPO CACCIA TERRESTRE “ ASSO DI BASTONI” 
S.Ten Vittorio Satta
 24 Maggio 1944   27° combattimento – p.s.a. zona Verona - Ferrara diciotto MC205 – abbattuto un B24 – perduti due MC205 deceduto ten. Satta – s.ten. Pezzi ferito ma salvo col paracadute – crociera protettiva Re - Bo - Fo - Ra - Re.

il 1° Gruppo - Satta al Centro

La Storia 
È il 24 Maggio del 1944. dall’aeroporto di Reggio Emilia decollano su allarme 18 aerei Macchi MC205. Tra questi il sergente Luigi Gorrini e il suo gregario, tenente Vittorio Satta, 24 anni originario della Sardegna. Devono intercettare una squadriglia di 108 bombardieri B24 “ LIBERATOR “ protetti naturalmente da 60- 70 caccia di scorta P38 “ Lightning”. Se consideriamo che ogni velivolo bombardiere B24 poteva vantare un volume di fuoco di 6 mitragliere da 20 mm e uno specchio visivo di 300 gradi e sommiamo a questo gli 8 cannoni da 20 mm e 2 da 30 dei P38, abbiamo una idea di quanti colpi e di quali insidie erano costantemente preda i nostri piloti. Questo se fossimo 1 contro 1, ma nel nostro caso, come spesso succedeva, il rapporto era 1 dei nostri e 10 alleati. A questo volume di fuoco ciascun MC 205 poteva vantare 2 mitragliatrici da 12,7 Breda Safat e 2 mitragliatrici da 20 MM modello MG151. 
....il "Vespa 2" di (MOVM) Luigi Gorrini
I nostri piloti sostengono questo strapotere con coraggio e determinazione ma anche rassegnazione. Quando sono sull’aeroplano, l’ultima cosa a cui pensano è che forse sarà l’ultima volta. Il ten. Satta è febbricitante, torna da una licenza di convalescenza per i problemi causati da un incidente di volo che gli ha causato traumi vari. Ciononostante segue i compagni.

Il 205 pilotato da Satta
L’aereo accreditatogli questa volta non è il solito MC 205 n° 10, con livrea mimetica ad amebe. No, il suo è in manutenzione e gliene ne viene assegnato uno diverso: porta la matricola MM 99206 ( ma ancora è da confermare), la livrea standard tedesca e il numero 1: l’aereo di Adriano Visconti, caposquadriglia. Visconti tira da parte Gorrini e gli chiede di portare su Satta, ma di tenerselo vicino, come fosse una specie di addestramento. Satta in effetti deve fare ancora molta esperienza ed al momento ha in accredito un solo caccia abbattuto, un P51 e un probabile B17 per cui ha ricevuto la Croce di Ferro di 2° Classe sul campo e solamente 275 ore di volo, addestramento compreso! 
Luigi Gorrini e Angiolino Vezzani
Un pilota alleato pari grado prima di divenire operativo deve compiere almeno 450 ore di volo addestrativo. Ma tempo per imparare e benzina per addestrarsi vanno di pari passo: siamo al minimo. Decollano (.ricordo come descriveva un decollo:..un crescendo brusco di vibrazioni sonore viene proiettato indietro dall’elica. L’apparecchio avanza lentamente sul terreno in un fremito di accelerazione. Si raddrizza quasi per concentrarsi meglio ed affrontare di testa l’aria, poi si lancia nella corsa e superando in velocità il terreno, si alleggerisce…). Da Reggio a Parma il tragitto è a tempo 0, solo il tempo di portarsi in quota: 6500 metri. Inizia il combattimento. Gorrini davanti e Satta dietro, leggermente distaccati dal resto del gruppo. Gorrini afferma da sempre che c’era amicizia tra loro anche se era più cameratismo, causa l’atteggiamento distaccato di Satta, arriverà a dire “ .. da professorino..”. Le ultime informative via radio, cosa fare e come procedere dopo lo sgancio, la manovra di  uscita e ritorno in formazione. Così Gorrini lo chiama via radio, dice di seguirlo e poi si butta in picchiata. Gorrini davanti, Satta dietro. Gorrini ad un certo punto scivola d’ala a destra, si porta fuori dalla traiettoria della caccia. Satta perde l’attimo o decide di proseguire nella caccia al bombardiere che vede davanti. Spara tutti i colpi dei due cannoncini da 20 mm ( ne troveremo solo 3 di cui 1 ancora in canna mentre della Breda da 12,7 ne recupereremo 145) e poi inizia la manovra di sgancio. A quel punto viene intercettato dalla caccia alleata. È in una posizione vulnerabile, sta risalendo e cerca di livellarsi dopo la scivolata d’ala. Ma sale mentre la caccia lo bracca e lo crivella di colpi. Siamo ancora a circa 5000 – 6000 metri, Satta tenta una manovra di uscita picchiando quasi verticale, deve prendere velocità e portarsi il più basso possibile, magari per tentare un atterraggio di fortuna. La battaglia infuria ancora, ma non se ne accorge. 

il mitico 205
I colpi si susseguono implacabili. Alla fine di questo tiro al bersaglio verrà attribuita la vittoria al tenente Jack D. Lewis della 37° Fighter Squadron. Deve essere rimasto ferito, Satta, o forse svenuto per la manovra che proverebbe qualsiasi fisico integro, figurarsi il suo ancora convalescente. La manovra per salvarsi la vita è un tutt’uno con la morte. Precipita a vite con il motore imballato, massima potenza elica alla massima trazione. Stimo sia attorno agli 700 km all’ora quando impatta, quasi verticale il terreno fradicio di acqua di fosso e di pioggia. Perde le ali quasi vicino al terreno, adesso è un missile, Satta è incastrato nell’abitacolo del suo aereo. Durante il distacco delle ali, compie una rotazione di 120 gradi circa e poi l’impatto. 
Alla fine una buca di 24x7x12 metri di profondità
Senza più freni e masse esterne che possono decelerare bruscamente la velocità di impatto, ad una velocità così elevata sprofonda parecchi metri. (Troveremo il motore a circa 8 metri e il riduttore dell’elica verso i 10 metri). In superficie un buco, uno sbuffo di vapore e rumore di proiettili esplosi. (.. scriveva Satta a proposito della morte:.. quando ho saputo della morte del compagno, il mio animo non è stato travolto da cupo rammarico: mi sono invece sentito portare anch’io stesso in un mondo più alto, al di là del bene e del male, in quel mondo dove vagano gli spiriti dei morti e, talvolta, per attrazione e per conquista, quelli dei vivi… ) ( parla Renzo Cattabiani, testimone oculare al tempo aveva 14 anni. ..l’ho visto cadere perpendicolare, veloce e poi piantarsi nel terreno facendo solo uno sbuffo di fumo. 
Angiolino Vezzani e Luigi Gorrini
Poi si abbassarono tre aerei americani per accertarsi di averlo abbattuto. … quel giorno sentimmo arrivare gli aerei e poi colpi di mitraglia. L’aereo italiano fu colpito e dall’alto colò a picco a gran velocità. Ricordo un tonfo ma l’aereo non scoppiò. Con i tedeschi ci recammo sul posto. Qui c’era una bassa di terra e un vigneto. Trovammo solo della terra smossa e al centro come se l’avessero messa apposta, conficcata nel terreno, l’elica dell’aereo. 
Dal sottosuolo si sentivano anche scoppiettii di munizioni…) ( chi scrive è stata testimone del fatto, sfollata alla cascina Bianchi a San Prospero, Adele Vergalli.ricordo che quel giorno mio padre ed io eravamo alla finestra a guardare lo spettacolo che si svolgeva nell’aria. Cercavamo di contare gli aerei in formazione che passavano. Ad un tratto sopra la nostra casa è passata un’ombra e ci ha investito uno spostamento d’aria…ricordo gli scavi che fecero per il recupero e che i rottami venivano ammassati sotto le nostre finestre. Questi rimasero lì in attesa di venire recuperati dall’Autorità competente…. 
Adriano Visconti
È molto viva in me la tristezza che provai quando conclusero i lavori di ricerca. Il povero corpo era ridotto a pochi pezzi che stavano in un vaso di vetro di 2 chili compresa la soluzione per la conservazione…. Sono contenta che la memoria di quel pilota sia ricordata… a quell’uomo va il mio pensiero ora adulto, che mi ha accompagnata per tutti questi anni.
Ora si è fatto silenzio. Sopraggiungono i tedeschi, viene recuperato quel poco che è possibile. Qualche lamiera, pochi resti umani. Tempo dopo viene fatto il funerale. Anzi, due. Il primo a S. Prospero e il secondo a Genova nella cappella di famiglia quando ricevono le povere spoglie. Satta ne avrà un secondo, in Duomo a Parma nel 2000, e poi un terzo quando le spoglie saranno ricomposte nuovamente a Genova nella tomba di famiglia.  
Vezzani e Gorrini visionano i pezzi del 205 
Luigi Gorrini, Malvezzi, Vezzani, Satta (fratello)


Seggiolino corazzato e paracadute Salvador











Il Recupero di Agmen Quadratum di Fusignano e subito dopo la pulizia pezzi per l'esposizione. Perchè questo era lo scopo finale da cui non ci siamo mai distolti. Abbiamo speso denaro e speso tempo. Ma alla fine abbiamo avuto quel riscontro che non ci aspettavamo : solidarietà, interesse all’argomento e al Pilota, come uomo e come pilota.
in mostra a Fidenza il 09/10/2000
Ho avuto modo di conoscere persone entusiaste dell’argomento che mi hanno dato una mano tangibile nella realizzazione del tutto. Ho preparato due volumetti da sfogliare di cui uno con la storia del pilota e del contesto storico in cui operava; ed il secondo con le parti dell’aereo e le caratteristiche tecniche nonché disegni e fotografie tratte dal libro di Nino Arena. Abbiamo avuto visite quasi ininterrotte dalle 8.00 di mattina alle 21.00 di sera. 
elica a passo variabile e i resti del motore
Nota positiva da citare : non si sono avuti strascici polemici per l’esposizione. Pare che tutti abbiano capito il contesto in cui si voleva mantenere la mostra. Assolutamente apolitico e solamente storico.
E poi alla fine abbiamo consegnato tutto a MOVM Luigi Gorrini che ne ha fatto dono al museo di San Pelagio, tutt'oggi nella sala dedicata e visitabile.


Chi era l'uomo Vittorio Satta
Smessi i panni del pilota inquadrato in un organico militare, addestrato e pronto a combattere ed ad uccidere, raccontava il suo essere Uomo attraverso un diario che attendeva nei momenti più significativi della sua vita militare e della poca vita sociale condivisa con i suoi compagni. Il periodo bellico in cui vive è sicuramente tra i più difficili della storia italiana e della Seconda Guerra Mondiale in generale. Quello che noi tutti consideriamo la parte migliore dell’uomo, le sue contraddizioni e i suoi dubbi, Vittorio Satta, li raccontava a se stesso trascrivendo il malessere e l’inquietudine di un intero Paese di cui si faceva portavoce. Un Paese sull’orlo della guerra civile, tra Scelte difficili e obbligate a cui si interponevano a valutazioni politiche di cui, allora non si poteva supporre la portata in un futuro. Per questo motivo, non ci sentiamo di commentarne lo scritto, lasciando a ciascuno dei lettori il proprio parere, sperando che i brani scelti siano meditati per i valori che riescono a trasmettere anche a distanza di moltissimi anni.

Onore
i due cannoni sulle ali, puntati in avanti, mi hanno ridato la netta sensazione del dovere che mi attende ed hanno fatto riaffiorare dal più profondo del mio essere la virile decisione di arrivare fino all’ultimo sacrificio di me stesso pur di riabilitare agli occhi del mondo l’onore del nostro popolo. Quel poco che le mie forze potranno fare lo farò tutto.”

La forza interiore
“la castità mi fa intuire le vie meno note su cui lo spirito può spingersi ed, a baleni, mi mostra la verità dell’ascetismo che normalmente sfuggono alla percezione. Mi rendo conto che quanto più riesco ad essere puro, tanto più riesco a sentire la grandezza dell’amore e della forza che spinge gli uomini ad unirsi spiritualmente.”

Il senso estetico
“ mi ha lasciato una bella impressione anche il volo sulle Alpi, tutte bianche, e regno di una solitudine infinita. Soltanto sorvolandole così, a cinquecento chilometri all’ora, poco più alto delle cime, si nota il contrasto fra la rapidità del nostro vivere di uomini e la statica solidità di quelle masse bianche.”
 “nei periodi di inattività mi dedico ora a leggere con impegno spontaneo. Ho ripreso Dante e l’ho rivisto quasi tutto; vari libri, di ogni genere. Necessità di sviluppare le più nobili qualità dell’animo e ricercare il bello. Individuarne l’essenza e perennemente desiderarlo come scopo di vita. Scopo lontano, direzione, non meta.”


Il suo bisogno di amore
“ e mi sono persuaso così che tutte le idealità umane, tutte le passioni più esigenti ed urgenti, cadono come misera cosa dinanzi al pensiero di quel piccolo mondo che ha la capacità di riempire il cuore. Non posso che benedire quel fantasma per tutto ciò che mi ha fatto sentire. E vorrei che non fosse per me solo un fantasma”   “ Nota umana se non triste. Con la primavera la natura si è svegliata, vivace, esuberante. I miei sensi attivi riprendono a respirare e mi confortano di un calore che non so chiamare impuro. Le sensazioni sono del tutto spirituali e mi riconducono alla grande madre, alla natura, con spontanea semplicità, anche se giungo allo spirito attraverso il peso delle mie spoglie.”

La religiosità
“Dio stesso sembra immanente in questa ripresa di vita, in questo ardore che è tutto il mondo intero; un Dio infinito, fecondo, che vorrà perdonare le mie esuberanze.”

La profondità interiore
“una crisi cominciata già durante il volo di ritorno: mi pareva che tutto crollasse intorno a me, il mio mondo ideale annullato, la mia vita vana e inutile. Ma presto la stessa profondità dell’abisso in cui mi ero visto precipitare ha fatto ritornare in me; ed un senso di pacata calma mi ha rimesso dinanzi a me stesso: ritrovata la volontà, lo spirito di sacrificio – che è il mio più valido sostegno- e l’ardore di azione, ho lasciato per strada, nella scia del mio apparecchio, ogni ambizione. Da allora sono pervaso da un pessimismo critico che mi spinge a controllarmi sempre, in ogni istante. Mi sono riportato col pensiero nei più tragici istanti della lotta e li ho superati in me stesso. Forse con troppa facilità. Questa è la mia natura, ne sono convinto, la mia sventurata natura.” 

Il dopo combattimento
“i tre nuovi combattimenti che sono seguiti mi hanno dato comunque molto conforto, facendomi acquistare nuova e sempre crescente fiducia in me stesso. Ed ora vivo così, senza gioia, guardingo verso me stesso, desideroso di agire senza ambizione di risultati.”


Il ricordo di quella giornata è stato così forte e così vivo che, e mi scuso di questo termine, una serie di emozioni in rima o quasi, è scaturita naturalmente. Le propongo così come sono state scritte.

A SATTA                                                        (16/09/2000)
Addio mia dolce, amata compagna / amica di una sorte crudele ed avversa / presenza forse o fantasma / da oggi di soli olmi cinti / sono miei alteri compagni solinghi. / Addio al mio essere, al mio io palpabile / a quelle forme espressive, al mio essere visibile / consegnato ho già a ciascuno di voi / che mi videro in vita e mi furono accanto, / ricordi e sogni che con me ora si sciupano e muoiono. / Cadevo nel buio come in un sogno ormai spento / incontro al mio sonno, eterno, al nulla più nero / dove la mia anima è per Cerbero orribile pasto. / Dove mai finirò per aspettare la nuova luce e il promesso incanto? / La mia vita in ricordo è usata da altri per farne bandiera / indicandomi ad esempio di vita sana e di vita vera, / lasciandomi troppo spesso senza un fiore o una croce / in un luogo dove poter piangere o dire una misera prece. / La morte non rende belli, non rende chi resta più forte / della morte presente ciascuno di noi dice / della morte della vita ciascuno ignora o non dice. / Che cosa scegli dunque giovane cavaliere errante? / Affrontare un drago fumante o il nulla incombente? / Ricordi quell’attimo dopo il rumore di lamiere / nessuna parola,silenzio.. / solo un piccolo lamento si alza dolente / nessuno se ne accorse, nessuno capiva. / Invocando il tuo Dio scompari là infondo / nella terra che baciasti un giorno al tuo ritorno / dopo scontri devastanti con acerrimi nemici  / per far valere l’essere tu un uomo libero con suoi ideali. / Chiari e piccoli:rossi diamanti. scorrono sul suo viso, reso di pietra. / un viso di bambino. imprigionato tra le onde, tra le nuvole grigie. / Cos’ hai visto passandoci dentro?, cos’hai trovato nel mezzo?  / una piccola virgola di azzurro cielo che nuotava nel grigio . / volava nella luce avvolta da una stella senza rumore / aspettando il momento, la morte porse la mano e lo baciò, / e come un sospiro sulla radura leggera se ne andò, / senza un grido senza parole : Ci incontreremo ancora? / La terra che calpestasti è ora macigno sulle tue membra / non ti accoglie gentile e leggera  / ti riempie ed opprime, ti penetra dentro / di quel fibroso avvolgente lontano tormento / ti sigilla la bocca e ne ricaccia il grido / dell’anima prigioniera ancora custode.  



VITTORIO                (04 /11/2000)
E' finita. / E impazza e delira / la sottile paglia del colore del grano / che ai miei occhi disperatamente gira / alle manovre cieche del villano / in oscene danze di filari, piano, forma catasta. / Qui tutto è sospeso. / Ma cosa e di cosa a capire non riesco. / Rafferma sul ventre la carne ancor teme / d'avermi smarrito, eppure mi circonda, si sente / mi inonda l'acqua al limitare del bordo, evanescente, / quasi insetto tra l'erba, discosto e supino ascolto / granaglia disciolta colle mani e le tempie, di disperso seme. - / Al cibo, all'aglio e all'aceto, riverso geometrie stomacali, / lasciando le gialle prebende d'attese sgranate / col puzzo di morte e d’ospedali..  / Ed ancora nell'acerbo gusto della vita morta, / si vive come grumi di sale sulle rive di un lago di mare. / Non sai! Non conosci, non vivi per questo / Vicende di nuvole faticate al rosso che muore / s'insinuano in tripudi, cavalcando riversi e contorte correnti / Che intarsio di voce, mirabile a sentire, troppo reale, troppo distante / crolla la lucida gemma, scende goccia d'acedia e la mano vicina  / dischiude la luce ceduta alle nebbie. / Vedi ora, al cadere / l'orma sibilante del vinto / seguirti, sonoro, oltraggiato e infranto.

e, per ultimo, un piccolo estratto della rassegna stampa