Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di fare, incominciala. L'audacia ha in sè genio, potere e magia. Incomincia adesso. (Johann Wolfang Goethe)
mercoledì 17 maggio 2017
13 maggio 1971 - monte Pellizzone - Una storia tragica
Sono le 9,36 AM. Due aerei supersonici, F-84F s/n 536650 e 50-20 s/n 536669 del 50° stormo 155° gruppo, sono appena decollati dall'aereoporto di S. Damiano ( AB LIPS) a Piacenza Centovera. Missione di interdifesa a bassissima quota, nuvole basse, condizioni meteo in peggioramento repentino. ricevono l'ordine di rientro alla base. alle 10,30 circa la fatale inversione di rotta sul monte Pellizzone.
Persero la vita entrambi i piloti, il sottotenente Aldo Spagnol di anni 23 e il sottotenente Roberto Varaldo di anni 25. Un testimone racconta che si toccarono con le ali... l'F-84F del sottotenente Spagnol esplose in volo spargendo rottami metallici in una vasta area, mentre il sottotenente Varaldo tentò il lancio... nonostante l'avvenuta apertura del suo paracadute giunse a terra cadavere, il suo velivolo si schiantò contro una parete del monte Pellizzone.
Dal racconto di LUCIANO PECORARI edito sulla rubrica “Correva l'anno...............in Valceno”.
".... Impegnati in una manovra coordinata, una cabrata, sono stati traditi dal maltempo – sulla zone infuriava infatti un forte temporale – e da un velo di nebbia. Gli aerei si sono disintegrati: una violenta deflagrazione, una spaventosa fiammata, ha scosso la terra. Uno dei due piloti ha istintivamente appoggiato la mano sul congegno che aziona a il sistema di sganciamento e d'espulsione del seggiolino. Il monte Pelizzone è alto 1022 metri: i due caccia si sono scontrati un centinaio di metri sopra la vetta. Un'altezza sufficiente per consentite l'apertura del paracadute. Forse lo sventurato pilota avrebbe potuto salvarsi, ma è rimasto prigioniero del fuoco. Ha toccato terra cadavere , il paracadute disteso ordinatamente alle sue spalle. Pochi metri dalla statale Salso-Bedonia in un campo arato. Miglior sorte non è toccata al suo compagno di volo che è finito nella boscaglia ad alcune centinaia di metri di distanza. Il suo corpo, martoriato dall'esplosione, è stato orrendamente mutilato anche dai fili di linea elettrica sui quali è caduto e dove sono rimasti brandelli di carne. La tragedia ha avuto un testimone e ha coinvolto altre due persone che al momento della tremenda collisione stavano transitando in motocicletta proprio sulla statale Salso – Bedonia che scorre sul fianco del monte Pelizzone. Illeso il testimone, ustionati i due motociclisti, un uomo e una donna. Pietro Todesco un contadino di 45 anni di Gazzo, stava facendo legna in un piccolo campetto. Ha sentito avvicinarsi i due aerei. Il rumore caratteristico degli aerei a reazione lo ha costretto a girarsi quasi automaticamente e a guardare i su. Li ha visti sbucare da una coltre di nebbia, inclinati. “Le ali, si, si sono toccati con le ali”, ripete ancora scosso il Todesco. “Poi un grande boato e un fuoco spaventoso. Mi sono gettato per terra. Ho avuto paura. Mi sono rialzato ma dei due aerei non restavano che colonne fumanti. Qualche rottame mi ha schivato . Sono corso alla prima casa. Ho fermato un camion di bestiame . Gli autisti si sono incaricati di avvisare i carabinieri di Bardi”. Pietro Todesco è stato l'unico testimone. Più brutta di lui se la sono vista Antonio Conti, 50 anni, e Alice Nicoli, 33 anni, entrambi di Pozzolo di Bore. Viaggiavano sulla motocicletta del Conti, un contadino. Stavano facendo ritorno a casa provenienti da Bardi dove si erano trovati casualmente nello studio di un dentista. La lunga lingua di fuoco (alimentata dal propellente dei due caccia), li ha investiti in pieno. “Non ho pensato a niente”, ci racconta il contadino ancora sotto choc, “solo a tirarmi fuori da quell'inferno. Ho accelerato al massimo. Davanti a me solo fuoco. Ho stretto i denti. Il coraggio stava per abbandonarmi. Poi, finalmente, il chiaro, il cielo. Non mi sono fermato. Ho proseguito accompagnando Alice alla prima casa. Era quasi svenuta. Antonio Conti si toglie il cappello: mostra i segni lasciati dalla sua capigliatura in fiamme. Anche le mani si è ustionato, per fortuna in modo leggero. Guarda la sua moto con riconoscenza. “Cosa mi sarebbe successo se un frammento avesse bucato il serbatoio?”. E individua le scalfitture, le ammaccature che le schegge hanno prodotto sulla Gilera. La donna che viaggiava con lui è stata medicata a Bardi poi il marito Renzo Moruzzi, muratore, l'ha accompagnata all'ospedale di Fidenza dove è stata ricoverata con una prognosi di quindici giorni. I medici le hanno riscontrato ferite lacero contuse agli arti con contusioni e ustioni diffuse. In un lettino della chirurgia è tornata a sorridere, ma il ricordo di quei momenti passati in mezzo alle fiamme la sconvolgono. “Ho chiuso gli occhi”, riesce a dire, ma tutto è stato inutile. Il fuoco mi perseguitava da ogni parte. Sono anche caduta. Mi sono rialzata ma il terrore, la paura di restare la in mezzo mi hanno preso le gambe e sono finita ancora a terra. Mi sono ritrovata in una casa poi qui in ospedale. Le poche cose che ricordo sono un boato tremendo ed un blocco di metallo che mi ha sfiorato . Dei pezzi incandescenti piovevano da tutte le parti. Posso proprio dire che ci è andata bene.” Due bambini aspettano Alice Nicoli a casa. Con cautela erano stati informati dell'incidente.
C'è un'altra donna nella tragedia dei “caccia”. E' Bice Periodici, moglie di Luigi Guselli, il proprietario del fondo che appunto, da il nome alla località Case Guselli, sul quale sono sparsi a ventaglio i rottami dei due aviogetti. Era in casa al momento dell'impatto: “La terra ha tremato , rammenta la donna, mi sono trovata sul pavimento. Subito non sapevo come reagire, cosa fare. Sono andata alla finestra che aveva le imposte chiuse. Cosa ho visto? Fuoco, fumo dappertutto. Ho pensato per un attimo alla fine del mondo.” In breve la zona solitamente deserta si è popolata. Ai soccorritori si è presentata una scena agghiacciante. Dei due aviogetti non restavano che piccoli frammenti, sparsi sulla parte del monte sopra la strada e nella boscaglia a valle. I due corpi dei piloti sono stati pietosamente coperti dopo che Don Cesare Castagnetti aveva impartito loro l'estrema unzione. Le salme, trasportate al cimitero di Bardi, sono state successivamente trasferite a Piacenza. "
Per un ricordo ai due sfortunati piloti nel loro momento più tragico.
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